Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro la  Regione  Basilicata,  in  persona  del  Presidente  in
carica, con sede a Potenza (85100), Viale Vincenzo Verrastro n. 4 per
la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17  -
nella parte in cui modifica, quoad tempus, il  comma  1  dell'art.  2
della legge regionale 26  novembre  2015,  n.  53  -  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata  n.  30  del  4  agosto
2016, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella
seduta del giorno 23 settembre 2016; 
Premessa. 
    La legge della  Regione  Basilicata  26  novembre  2015,  n.  53,
recante «Disposizioni ingenti per l'applicazione dell'art.  14  della
legge 30 ottobre 2014, n. 161» - che, com'e' noto e  come  meglio  si
dira' infra, in adempimento di obblighi  derivanti  dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea, contiene norme in materia  di  orario
di lavoro del personale delle aree dirigenziali e del ruolo sanitario
del Servizio  sanitario  nazionale  -,  all'art.  2  ha  dettato  una
disciplina  transitoria  in  tema  di  durata   massima   settimanale
dell'orario di lavoro (lett. a) e di riposi giornalieri (lett. c) del
personale in questione destinata, per espressa previsione, ad operare
«nelle more della definizione  della  nuova  disciplina  contrattuale
nazionale  in  relazione  alle  disposizioni  contenute  nel  decreto
legislativo n. 66/2003, fermi restando i principi della protezione  e
della sicurezza dei lavoratori e dei pazienti e  comunque  -  secondo
l'originaria formulazione: n.d.r. - non oltre il 31 luglio 2016». 
    La legge regionale in questione e' stata in parte  qua  impugnata
avanti a codesta Ecc.ma  Corte  perche'  ritenuta  in  contrasto  con
l'art. 117, commi  1  e  2,  lettera  l),  della  Carta  fondamentale
(ricorso n. 4/2016). 
    L'art. 1 della legge regionale 4 agosto 2016, n.  17,  intitolata
«Modifiche a norme in materia di sanita'» - che con il presente  atto
ora si impugna - modifica, per quanto qui interessa, l'art. 2,  comma
1, della legge n. 53/2016 stabilendo che  «la  data  del  "31  luglio
2016" e' sostituita dalla data del "31 dicembre 2016"». 
    Cosi' disponendo la legge regionale all'esame proroga,  di  fatto
consolidandone gli effetti, la disciplina transitoria di cui all'art.
2  della  legge  regionale  n.  53/2015  e,  in  tal  modo,  reitera,
aggravandole,  le  violazioni  dei   principi   costituzionali   gia'
denunciate in sede di impugnativa della legge sulla quale interviene. 
    L'art. 1, comma 1, della legge regionale 4 agosto 2016, n. 17  e'
dunque in parte qua  -  anch'esso  -  costituzionalmente  illegittimo
nella misura in  cui  reitera,  per  un  verso,  la  gia'  denunziata
violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali (art. 117, comma 1, Cost.) e, per  un  altro,
la pure lamentata invasione della  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di ordinamento, civile  (art.  117,  comma  2,
lettera l) Cost.): esso viene  pertanto  impugnato  con  il  presente
ricorso  ex  art.  127  Cost.  affinche'   ne   sia   dichiarata   la
illegittimita' costituzionale e ne  sia  pronunciato  il  conseguente
annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Per meglio comprendere il senso e la portata delle  questioni  di
legittimita' costituzionale che si verranno  prospettando  e'  d'uopo
rammentare che gli articoli 4 e 7 del decreto  legislativo  8  aprile
2003, n. 66 - emanato  in  attuazione  delle  direttive  93/104/CE  e
2000/34/CE: ma v.  anche  la  direttiva  2003/88/CE  -  disciplinano,
rispettivamente, la durata massima dell'orario di lavoro (art.  4)  e
il riposo giornaliero dei lavoratori (art. 7). 
    In particolare, l'art. 4  del  decreto  legislativo  n.  66/2003,
attuativo dell'art.  6  della  direttiva  2003/88/CE,  disciplina  la
durata massima dell'orario di lavoro disponendo che:  a)  «la  durata
massima settimanale dell'orario di lavoro» e' stabilita dai contratti
di lavoro; (comma 1); b) «la durata media dell'orario di  lavoro  non
puo' in ogni caso superare, per ogni  periodo  di  sette  giorni,  le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario» (comma  2);
c) «la durata media dell'orario di lavoro deve essere  calcolata  con
riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi» (comma 3);  d)
«i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso  elevare  tale
limite fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di  ragioni
obiettive,  tecniche  o  inerenti  all'organizzazione   del   lavoro,
specificate negli stessi contratti collettivi» (comma 4). 
    L'art. 7 del decreto legislativo  n.  66/2003,  attuativo  invece
dell'art. 3  della  direttiva  2003/88/CE,  stabilisce  poi  che  «il
lavoratore ha  diritto  a  undici  ore  di  riposo  consecutivo  ogni
ventiquattro ore». 
    L'art. 3,  comma  85,  della  legge  24  dicembre  2007,  n.  244
(aggiungendo il comma 6-bis all'art. 17 del  decreto  legislativo  n.
66/2003) e l'art. 41, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.
112, conv., con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
dichiararono tali norme non applicabili al  personale  sanitario  del
Servizio sanitario nazionale. 
    Tale esclusione determino' l'apertura, da parte della Commissione
europea, di una procedura di infrazione contro  l'Italia  poiche'  le
disposizioni derogate  erano  state  emanate,  come  s'e'  detto,  in
attuazione di direttive europee vigenti in materia e, in particolare,
degli articoli 6 e 3 della direttiva 2003/88/CE. 
    Il legislatore nazionale intervenne dunque con  l'art.  14  della
legge  30  ottobre  2014,  n.  161  -  intitolata  «Disposizioni  per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia
all'Unione   europea   -   legge   europea   2013-bis»)    disponendo
l'abrogazione delle richiamate norme di deroga. 
    Tuttavia,  poiche'  l'immediata  applicazione  della   disciplina
generale  avrebbe  potuto  pregiudicare,  tenuto  conto  dei   limiti
normativi all'assunzione di personale, la continuita' nell'erogazione
dei servizi sanitari  e  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
nonche'  l'ottimale  funzionamento  delle  strutture,  il   comma   1
dell'art. 14 della legge in questione ha disposto  che  l'abrogazione
delle norme derogatorie operasse decorsi dodici mesi dall'entrata  in
vigore della legge medesima: termine poi scaduto il 25 novembre 2015. 
    In particolare, e come previsto dal comma 2, la norma transitoria
aveva lo scopo di consentire alle regioni di realizzare,  entro  tale
lasso   di   tempo,   appositi   processi   di   riorganizzazione   e
razionalizzazione delle strutture  e  dei  servizi  dei  propri  enti
sanitari finalizzati ad una piu' efficiente allocazione delle risorse
umane, disponibili a legislazione vigente,  tenendo  anche  conto  di
quanto previsto dell'art. 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95, conv., con modificazioni, dalla legge 7  agosto
2012, n. 135, cui e' stata poi data attuazione  con  il  decreto  del
Ministro della salute 2 aprile  2015,  n.  70  («Regolamento  recante
definizione degli standard qualitativi,  strutturali,  tecnologici  e
quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»). 
    Il comma 3 del menzionato art. 14  della  legge  n.  161/2014  ha
inoltre previsto, in conformita' a quanto  consentito  dall'art.  17,
paragrafo 3, lettera c), della richiamata direttiva 2003/88/CE,  che,
al fine di  garantire  la  continuita'  nell'erogazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni, i  contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro del comparto sanita' disciplinino le deroghe alle disposizioni
in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario
nazionale  preposto  ai   servizi   relativi   all'accettazione,   al
trattamento e alle cure, prevedendo altresi' equivalenti  periodi  di
riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo  di  lavoro
da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la  concessione  di
tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per
ragioni  oggettive,  adeguate  misure  di  protezione  del  personale
stesso. 
    Lo stesso comma ha infine previsto che, nelle  more  del  rinnovo
dei contratti collettivi vigenti,  le  disposizioni  contrattuali  in
materia di durata massima settimanale  dell'orario  di  lavoro  e  di
riposo giornaliero attuative delle norme abrogate siano a loro  volta
disapplicate a decorrere dalla data di abrogazione di queste. 
    A  seguito  della  pubblicazione  della  legge  n.  161/2014   la
procedura comunitaria di infrazione e' stata archiviata. 
    Tanto premesso in ordine alla  normativa  europea  e  statale  di
riferimento, la legge regionale Basilicata 26 novembre 2015, n. 53  -
gia' impugnata con il ricorso sopra citato - e,  di  conseguenza,  la
legge regionale Basilicata 4 agosto 2016,  n.  17  -  che  su  quella
interviene e che ora si impugna - recano disposizioni in  materia  di
orario di lavoro e di riposi giornalieri  che,  introducendo  deroghe
alla richiamata  normativa,  violano,  come  s'e'  detto,  i  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario, ma impingono  altresi'  nella
materia dell'ordinamento civile riservata alla  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato ed  interdetta  per  converso  alla  competenza
legislativa regionale. 
    In particolare, mentre l'art. 1 della legge regionale n.  53/2015
afferma che la finalita' della legge e' quella di dare attuazione  al
piu' volte richiamato art. 14 della legge statale n.  161/2014  -  il
quale, come s'e' ricordato, prevedeva, per la verita', che le regioni
e le province autonome concludessero i processi di riorganizzazione e
razionalizzazione delle strutture e dei  servizi  entro  dodici  mesi
dalla data di entrata in  vigore  della  legge  stessa  -,  rinviando
peraltro a successivi e non meglio  specificati  provvedimenti  della
Giunta regionale, l'art.  2  detta  una  disciplina  transitoria  che
presenta i citati profili di illegittimita' costituzionale. 
 
                                  I 
 
    In particolare e come s'e' anticipato in premessa, l'art. 2 della
legge regionale n. 53/2016 - sul quale interviene la legge  regionale
che ora si impugna - contiene, tra l'altro, la disciplina transitoria
dell'orario di lavoro del personale sanitario del Servizio  sanitario
nazionale stabilendo che, nelle more della  definizione  della  nuova
disciplina contrattuale  nazionale  in  relazione  alle  disposizioni
contenute nel decreto legislativo n. 66/2003, «per il  calcolo  della
durata massima settimanale di 48 ore dell'orario  di  lavoro  di  cui
all'art. 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66,  il  periodo
di riferimento e' di mesi dodici in linea  con  quanto  previsto  dal
comma 4 del predetto articolo» (comma 1 lettera a). 
    Tale disposizione regionale si pone in realta' in  contrasto  con
la  norma  statale  richiamata  posto  che  l'art.  4   del   decreto
legislativo n. 66/2003, di attuazione  delle  direttive  93/104/CE  e
2000/34/CE, prevede che «la durata media dell'orario  di  lavoro  non
puo' in ogni caso superare, per ogni  periodo  di  sette  giorni,  le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario» (comma 2) e
che tale «durata media dell'orario di lavoro  deve  essere  calcolata
con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi» (comma 3). 
    E' ben vero che lo stesso  art.  4  del  decreto  legislativo  n.
66/2003 prevede che tale limite puo' essere elevato «fino a sei  mesi
ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,  tecniche  o
inerenti all'organizzazione del lavoro (comma 4), ma  e'  altrettanto
vero che cio' puo' essere disposto solo dai contratti  collettivi  di
lavoro e che le ragioni giustificatrici dell'innalzamento del  limite
ordinario  devono  essere   «specificate   negli   stessi   contratti
collettivi». 
    Contemplando un periodo  di  riferimento  per  il  calcolo  della
durata media dell'orario di lavoro superiore a  quello  previsto,  in
attuazione di specifiche disposizioni europee, dalla legge statale  -
12 mesi contro 4 -, limite derogabile in aumento solo  dall'autonomia
collettiva ed in presenza di specifiche ragioni obiettive, tecniche o
inerenti all'organizzazione del lavoro, la norma regionale in esame -
e, di conseguenza, quella oggetto della presente impugnazione - viola
dunque ad un tempo il comma 1 e il comma 2, lettera l) dell'art.  117
della Costituzione sia perche' non rispetta i vincoli derivanti  alla
potesta' legislativa delle Regioni dall'ordinamento  comunitario  sia
perche', regolando profili attinenti all'ordinamento  civile,  invade
ambito riservato all'esclusiva competenza legislativa dello Stato. 
 
                                 II 
 
    Come parimenti s'e' detto  in  premessa,  l'art.  2  della  legge
regionale n. 53/2016 contiene  pure  la  disciplina  transitoria  del
riposo giornaliero del personale  sanitario  del  Servizio  sanitario
nazionale stabilendo che «i riposi giornalieri  inferiori  ad  undici
ore  sono  possibili  in  presenza  di  eventi  eccezionali   e   non
prevedibili o assenze improvvise che non consentano di  garantire  la
continuita'  dell'assistenza  come  accertati  dai  responsabili  dei
servizi sanitari interessati» (comma 1 lettera c). 
    Per questa parte la disposizione si pone in contrasto con  l'art.
7 del citato decreto legislativo n.  66/2003  il  quale  prevede  che
«ferma  restando  la  durata  normale  dell'orario  settimanale,   il
lavoratore ha  diritto  a  undici  ore  di  riposo  consecutivo  ogni
ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere  fruito  in  modo
consecutivo fatte salve le attivita'  caratterizzate  da  periodi  di
lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilita'». 
    L'art. 17, comma 1, del medesimo decreto legislativo prevede, tra
l'altro, che eventuali deroghe all'art.  7  possano  essere  disposte
esclusivamente mediante  contratti  collettivi  stipulati  a  livello
nazionale  con  le  organizzazioni  sindacali  comparativamente  piu'
rappresentative  (ovvero,  in  mancanza  di  disciplina   collettiva,
mediante una procedura speciale di livello  nazionale,  regolamentata
al comma 2), specificando, inoltre, al comma 4, che  tale  deroga  e'
ammessa solo  a  condizione  che  «ai  prestatori  di'  lavoro  siano
accordati periodi equivalenti  di  riposo  compensativo  o,  in  casi
eccezionali in cui la concessione  di  tali  periodi  equivalenti  di
riposo  compensativo  non  sia  possibile  per  motivi  oggettivi,  a
condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione
appropriata». 
    Si tratta di riserve (alla contrattazione collettiva) e di limiti
espressamente ribaditi, tra l'altro, anche dallo stesso art. 14 della
legge n. 161/2014, di cui  pure  la  legge  regionale  Basilicata  n.
53/2015 si dichiara attuativa. 
    Come anticipato, infatti, il comma 3 di tale disposizione prevede
che «nel  rispetto  di  quanto  previsto  dall'art.  17  del  decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, al fine
di garantire la continuita' nell'erogazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni, i contratti collettivi  nazionali  di  lavoro  del
comparto sanita' disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia
di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario  nazionale
preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e  alle
cure, prevedendo altresi' equivalenti periodi di riposo compensativo,
immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero,
in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti
di riposo compensativo  non  sia  possibile  per  ragioni  oggettive,
adeguate misure di protezione del personale stesso». 
    Prevedendo, sia pure in circostanze eccezionali ed imprevedibili,
riposi  giornalieri  di  durata  inferiore  alle   undici   ore,   la
disposizione regionale in esame - e, di conseguenza,  quella  oggetto
della presente impugnazione - viola dunque ad un tempo il comma  1  e
il comma 2, lettera l) dell'art. 117 della Costituzione  sia  perche'
non rispetta i vincoli  derivanti  alla  potesta'  legislativa  delle
Regioni dall'ordinamento comunitario sia perche',  regolando  profili
attinenti   all'ordinamento   civile,   invade    ambito    riservato
all'esclusiva competenza legislativa dello Stato.